Studio tratto da “Le serve” di J. Genet
Foto di Paolo Mazzini
Sinossi
Due domestiche, Chiara e Solange, durante l’assenza della loro padrona compiono un pericoloso gioco di ruolo all’interno della sua camera da letto. Chiara indossa i vestiti della Signora, Solange si mette nei panni di Chiara. Le due sorelle mettono in scena la loro condizione cercando fino all’ultima di incarnarla e contemporaneamente di trascenderla.
Il gioco teatrale diventa realtà e sfugge di mano alle giocatrici. In una camera da letto anni Quaranta (anni critici per i poteri forti) le solide dicotomie della storia contemporanea quali servo-padrone e uomo-donna si dissolvono in una fusione difficile da dissipare ancora oggi.
Note di regia
Mi approccio alla messa in scena di un testo come quello di Genet con un timore reverenziale inevitabile, ma anche con una certa libidine che solo autori di questo tipo sanno regalare a chi vi si accosta. Due erano i temi che mi interessava indagare: il primo è quello del potere e in particolare come questo si declini nei generi e il secondo è quello della rabbia che nasce nelle persone costrette in ruoli di inferiorità e che da sempre inquieta tutti i cosiddetti “padroni”. Nel testo la condizione delle cameriere è data e mai messa in discussione. La scelta di far interpretare le serve a due attori uomini mira ad inserire un nuovo piano di sovvertimento della realtà accanto a quello raccontato in modo esplicito, ovvero delle serve che prendono – per gioco – le parti della padrona. In questa messa in scena si vedono due uomini costretti a un ruolo servile e comandati da un padrone che è interpretato da una donna. Cosa succederebbe dunque se gli uomini per una volta vivessero la situazione di inferiorità che tante donne vivono
quotidianamente? Probabilmente girerebbero la testa dall’altra parte per nascondere il disagio o si limiterebbero a qualche battuta goliardica sui travestiti. La seconda tematica costituisce uno degli elementi dirompenti di questo testo: la rabbia che e capace di rompere gli schemi di potere. Fino a che punto è giusto e possibile addomesticare la rabbia? A volte tale sentimento esce dagli argini in maniera improvvisa e travolge ogni cosa con la sua forza devastante. Leggere questo testo è come poter osservare e seguire questo fiume in piena, si è attratti da questa devastazione e allo stesso tempo desiderosi di fuggire dal disastro che sta per accadere.
– Mattia Cabrini, regista
Crediti
Madame
Con:
Alessia Bianchi
Daniele Carrara
Andrea Migliorini
Regia:
Mattia Cabrini
Assistente alla regia:
Carolina Griffini
Costumi:
Mira Paolillo
Scenografia:
Giulia Cabrini
Luci:
Marco Rossetti
Suond design:
Sexyyoungproducers
Visual:
Paolo Mazzini